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Natura giuridica e modello organizzativo della Comunità di Costa Paradiso


Premessa

La Comunità del Territorio di Costa Paradiso identifica un comprensorio turistico-residenziale, sito nel Comune di Trinità d’Agultu, nato da una convenzione di lottizzazione stipulata, nel 1967, tra la soc. Cooperativa a r..l. Costa Paradiso ed il Comune di Trinità d’Agultu. Il comprensorio ha un’estensione di 787.11.68 Ha ed è costituito, per una parte, dall’insieme dei beni di proprietà esclusiva (i lotti edificati) e, per un’altra, dai beni comuni attribuiti, pro quota espressa in decimillesimi, ad ogni singolo proprietario con l’atto di acquisto della proprietà esclusiva. Questi ultimi costituiscono a tutti gli effetti una comunione di beni.

Il piano di lottizzazione, che la cooperativa Costa Paradiso S.r.l. doveva attuare, prevedeva, pertanto, il trasferimento ai soci acquirenti:

  • di un lotto edificabile in proprietà esclusiva,

  • di una porzione di territorio in comproprietà indivisa, destinata a polmone verde ed ai servizi comuni, della superficie di Ha 572.08.10, da cui dovevano essere, comunque, scorporati Ha 85.28.64 coincidenti con le aree destinate alle opere di urbanizzazione.

Per la gestione del territorio comune venne perciò definito un Regolamento sia per disciplinare “l’uso delle cose e dei servizi comuni, secondo l’art. 1112 del c.c. (collocato nel capo che disciplina la comunione), e la ripartizione delle spese”; sia per regolare i reciproci obblighi e diritti sia reali che personali dei proprietari di fabbricati e terreni” in Costa Paradiso. Il regolamento, inoltre, all’art. 4 stabilisce che “l’intero territorio è soggetto alla convenzione stipulata fra il Comune di Trinità d’Agultu e la società cooperativa Costa Paradiso S.r.l. il 6 luglio 1967, registrata a Tempio il 25.07.1967 n. 816 mod. XII vol. 87, agli atti ivi richiamati ed alle eventuali variazioni di detti atti e della convenzione stessa.”

Dunque, inizialmente, il territorio di Costa Paradiso venne considerato alla stregua di una comunione. Nel 1971 si tenne la prima assemblea dei partecipanti alla comunione, che elesse gli organi di rappresentanza e di gestione: il consiglio di amministrazione, come organo di gestione; il collegio dei rappresentanti, come organo di controllo; la commissione tecnico-artistica, per controllare la conformità degli edifici alle norme edilizie ed ambientali previste dal regolamento. Ma a partire dal 1973, i vari C.d.A. che si sono succeduti hanno introdotto e confermato, salvo una breve parentesi nel 2001 (quando si ripristinò il termine di comunione), il nome di “Comunità”, che inizialmente non compariva in nessun atto ufficiale, qualificandola come associazione non riconosciuta.

Sotto questa scelta c’era la volontà, neanche troppo nascosta, di assecondare gli interessi legati alla speculazione edilizia del territorio, di non cedere al Comune le opere di urbanizzazione, come previsto in convenzione, di far assumere alla Comunità compiti che travalicavano quelli previsti nel regolamento, attraverso i connotati di “una associazione di proprietari di terreni, situati in aree destinate ad insediamenti turistici, con la finalità di realizzare le opere di urbanizzazione nel quadro dell’autogoverno del territorio”, che è la definizione giurisprudenziale del consorzio di urbanizzazione volontario. Inoltre, la scarsa disciplina prevista nel codice civile per le associazioni non riconosciute avrebbe consentito al C.d.A. di applicare le norme che più convenivano, secondo le circostanze.

Nonostante l’uso ormai trentennale del termine “Comunità”, la questione della configurazione giuridica di Costa Paradiso resta ancora aperta: l’associazione non riconosciuta non solo risulta inadeguata ad assicurare una gestione più moderna ed efficiente del territorio, ma riflette solo in minima parte i rapporti che si sono creati nell’ambito del comprensorio.

Al riguardo, vi sono state varie sentenze discordanti tra loro ed oscillanti tra la qualificazione di comunione e quella, ultima della Corte di Cassazione, di consorzio di urbanizzazione atipico.

In questa ottica, per risolvere definitivamente il problema della qualificazione giuridica di C.P. è, perciò, necessario definire preliminarmente e correttamente lo scopo sociale della Comunità e, sulla base di questo, individuare la qualificazione e la disciplina più consone al suo conseguimento.

Lo scopo sociale della Comunità di Costa Paradiso

L’unica norma statutaria esistente nel comprensorio turistico di Costa Paradiso è il regolamento del territorio, equiparabile a tutti gli effetti ad uno statuto, predisposto dalla cooperativa lottizzante ed accettato per adesione al momento dell’atto di acquisto del lotto o della abitazione dall’acquirente. Il Regolamento contiene le norme relative a:

  1. l’amministrazione e l’uso dei beni e dei servizi comuni;

  2. gli obblighi e i diritti, sia reali che personali, dei proprietari con la previsione di norme specifiche su:

  • caratteristiche delle costruzioni

  • urbanistica

  • tutela dell’ambiente e del paesaggio

  • edilizia

  • igiene e sanità

  1. la ripartizione delle spese.

Il regolamento, inoltre, all’art. 4 stabilisce che “l’intero territorio è soggetto alla convenzione stipulata fra il Comune di Trinità d’Agultu e la società cooperativa Costa Paradiso S.r.l. il 6 luglio 1967, registrata a Tempio il 25.07.1967 n. 816 mod. XII vol. 87, agli atti ivi richiamati ed alle eventuali variazioni di detti atti e della convenzione stessa.”

Il contesto di riferimento dell’entità da qualificare giuridicamente è perciò costituito:

  1. da un territorio con destinazione turistico-residenziale, ripartito, fra i suoi proprietari, in aree di proprietà esclusiva e in aree di proprietà comune, cui si applica l’art. 1112 del c.c.. Detto territorio è stato oggetto di una convenzione di lottizzazione, con obblighi a carico sia del lottizzante o dei suoi aventi causa, sia del Comune di Trinità d’Agultu.

  2. da un regolamento che stabilisce le regole di governo e di gestione del territorio stesso e gli obblighi dei proprietari, partecipanti in quanto tali (propter rem) della Comunità/comunione di Costa Paradiso .

Da questi elementi è possibile ricavare le finalità (cioè lo scopo sociale) della Comunità/comunione e, di riflesso, i compiti e i doveri generali dell’organo di gestione (il C.d.A.):

a) assicurare l’amministrazione ed il miglior uso dei beni comuni, con l’ applicazione delle norme del regolamento riguardanti le caratteristiche delle costruzioni, l’urbanistica e l’edilizia, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, l’igiene e la sanità;

b) assicurare il rispetto degli obblighi e la tutela dei diritti dei partecipanti;

c) garantire il rispetto della convenzione di lottizzazione, cui è assoggettato l’intero territorio, stabilendo le necessarie intese col Comune;

d) garantire la corretta ripartizione delle spese fra i partecipanti, in base ai principi di uguaglianza, parità di trattamento ed economicità.

Quel che è certo è che dal regolamento non risulta che tra le finalità ed i compiti della Comunità vi sia la gestione e tantomeno la realizzazione delle opere di urbanizzazione, ed in particolare dell’impianto fognario e di depurazione.

Tali compiti sono derivati in capo alla Comunità per effetto delle convenzioni di lottizzazione stipulate col Comune, ma con precisi vincoli temporali e di contenuto. La gestione delle opere di urbanizzazione, realizzate dalla cooperativa lottizzante, da parte della Comunità aveva come termine di scadenza la data del 1 agosto 1995, mentre la convenzione n.8401/1992, stipulata fra la Comunità di C.P. ed il Comune di Trinità, nel confermare la suddetta data per la scadenza della gestione dell’impianto fognario,prevedeva, a carico della Comunità, solo la predisposizione del progetto per l’ampliamento dell’impianto fognario e di depurazione, non la sua realizzazione.

Le sentenze sulla Comunità

Basta rileggere le varie sentenze che, nell’arco di un trentennio, hanno caratterizzato la storia di Costa Paradiso per rendersi conto di quanto sia stata ambigua e strumentale la scelta di definire Costa Paradiso una Comunità. Il Tribunale civile di Tempio e la Corte d’Appello di Cagliari – sez. staccata di Sassari – hanno emesso, in proposito, sentenze contrastanti, pur avendo sostanzialmente il medesimo oggetto. Esse sono:

  1. la sentenza n. 450/2000 del 02.09.2000 del Tribunale di Tempio; la sentenza N. 305/2002 della Corte d’Appello di CA – Sez. staccata di SS, che riconoscono entrambe che C.P. è una comunione. Il. ricorso in Cassazione presentato dalla Comunità contro la sentenza della Corte d’Appello viene dichiarato inammissibile, confermando così la sentenza della Corte d’Appello.

  2. La sentenza n. 182/2000 del 15.04.2000 del Tribunale di Tempio, che riconosce che C.P. è una comunione; la sentenza n.115/05 del 28.02.05 della Corte d’Appello di CA – Sez. staccata di SS – che annulla la predetta sentenza n.182/2000; essa viene poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n.29755 del 10.06.2011.

Queste ultime due sentenze identificano la Comunità come “consorzio di urbanizzazione atipico”. Tuttavia, i presupposti, da cui esse partono per qualificare la Comunità come consorzio di urbanizzazione (definito come “un’organizzazione tra i proprietari di aree facenti parte di un comprensorio di lottizzazione che si prefiggevano l’autogoverno del territorio, con lo scopo di creare e poi gestire le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché di determinare prescrizioni urbanistiche vincolanti per i singoli partecipanti e di istituire organi di amministrazione del comprensorio”), non trovano piena rispondenza nella realtà di Costa Paradiso e nel quadro convenzionale in cui essa è sorta, richiamato espressamente dall’art. 4 del regolamento, di cui sopra. Mentre le norme, relative alle caratteristiche delle costruzioni, all’urbanistica, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, all’edilizia e all’igiene e sanità, possono considerarsi come frutto di un accordo tra i “consorziati”, in quanto riportate nel regolamento , in realtà risultano estrapolate dalle norme tecniche di attuazione del piano territoriale di lottizzazione definito dal Comune, di cui la convenzione di lottizzazione è lo strumento attuativo.

Costa Paradiso nasce, dunque, non da un’associazione di proprietari (di cui non esiste alcun atto costitutivo), che si mettono d’accordo per realizzare le opere di urbanizzazione e poi gestirle in una sorta di autogoverno del territorio attraverso un regolamento, bensì da una convenzione di lottizzazione tra la società cooperativa Costa Paradiso S.r.l. ed il Comune di Trinità d’Agultu, per la quale la prima ha l’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e, una volta realizzate, di cederle al Comune; quest’ultimo ha l’obbligo di prenderle in carico, in base dall’art. 28 della legge n.1150/1942 (legge urbanistica), così come modificata ed integrata dalla legge 6 agosto 1967 n.765 (cd. “legge Ponte”) che regola diritti e obblighi dell'Amministrazione e del lottizzante a seguito della stipula di una convenzione di lottizzazione.

La stessa Corte di Cassazione, pur qualificando la Comunità di Costa Paradiso come consorzio di urbanizzazione assimilabile ad una associazione non riconosciuta, riconosce che si tratta comunque di “figura atipica, che, oltre al connotato associativo, si caratterizza anche per un forte profilo di realità (nel senso che al singolo associato fanno capo delle obbligazioni che sorgono dalla cosa che egli possiede, c.d. obbligazioni propter rem), per cui risulta insoddisfacente tanto l’applicazione generalizzata delle norme sulle associazioni, quanto quelle in tema di comunione”. Secondo la corte di cassazione, diventano perciò rilevanti le pattuizioni contenute nell’atto costitutivo e nello statuto del consorzio. Soltanto se in tali atti manchi una disciplina specifica, è applicabile la normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi coinvolti.

Nel caso di C.P. non esiste un atto costitutivo della Comunità e quindi del supposto consorzio. Esiste solo lo statuto, costituito dal regolamento, che, peraltro, richiama, in premessa, le norme sulla comunione, anche se non definisce esplicitamente il territorio come comunione (il termine di Comunità non era ancora apparso). A questo punto, seguendo il criterio indicato dalla corte di cassazione, l’elemento che diventa rilevante e decisivo per la qualificazione giuridica della Comunità di Costa Paradiso, presupposto della corretta individuazione della disciplina da applicare, è la valutazione degli interessi coinvolti e, conseguentemente, l’identificazione della forma giuridica che meglio tutela tali interessi.

Un nuovo quadro normativo per Costa Paradiso

Gli interessi coinvolti non possono che essere sostanzialmente quelli derivanti dallo scopo sociale delineato sopra. Tra di essi, tuttavia, non rientrano, a termini di Regolamento, quelli di realizzare e gestire le opere di urbanizzazione primaria ed i servizi ad esse collegati, tipici di un consorzio di urbanizzazione.

La Comunità, invece, li ha inseriti nella sua ragione sociale in aggiunta ai compiti originari indicati nel regolamento, che, invece, non fa alcuna menzione delle opere di urbanizzazione. La Comunità, infatti, procrastinando oltre il termine convenzionale stabilito del 1 agosto 1995, la gestione delle opere di urbanizzazione primaria e quella dei servizi urbanistici correlati e, addirittura, avviando in proprio la procedura per la realizzazione di un nuovo impianto fognario e di depurazione, si è arbitrariamente assunta compiti che non sono suoi propri, I Partecipanti sono stati così costretti a pagare, da vent’anni, la gestione di strutture e di servizi, che non rientravano più nella sfera di competenza della Comunità e che, di norma, non sono gestiti privatamente, bensì affidati al Comune o ad ente incaricato di pubblico servizio.

Di qui la necessità e l’urgenza di cedere al Comune di Trinità d’Agultu le opere di urbanizzazione primaria di Costa Paradiso e, nel contempo, di individuare la configurazione giuridica ed il modello organizzativo più idonei a tutelare gli interessi propri della Comunità. Interessi che, come si è detto, si possono identificare sostanzialmente con quelli indicati nel regolamento e che hanno come elemento prevalente il rapporto di realità, derivante dalla proprietà di un immobile in via esclusiva e di una quota di beni in regime di comunione, piuttosto che un rapporto di natura associativa, peraltro non volontario, ma per adesione propter rem. Il che porta a riconoscere che, nel rapporto consorziale che lega i proprietari di Costa Paradiso, è possibile individuare una causa mista nella quale confluiscono elementi propri della comunione/condominio ed altri propri delle associazioni non riconosciute.

Fatta questa constatazione diventa fondamentale la scelta della disciplina applicabile: per l’attività di gestione, contabile e fiscale, dei beni è sicuramente preferibile quella del condominio; per gli aspetti organizzativi, la figura del consorzio atipico, che si avvale della disciplina dell’associazione non riconosciuta potrebbe meglio soddisfare le esigenze organizzative e quelle di tutela e di valorizzazione dei beni comuni.

In proposito, occorre osservare che il consorzio di urbanizzazione atipico, con cui la citata sentenza n.29755 del 10.06.2011 qualifica la Comunità di Costa Paradiso, non ha nel nostro ordinamento una specifica disciplina.

Questa deve essere, perciò, desunta, facendo riferimento ad istituti analoghi ed aventi elementi comuni, disciplinati in modo espresso dal diritto positivo. Il consorzio di urbanizzazione, per una parte della dottrina, sarebbe caratterizzato da elementi propri della comunione di diritti reali, simile a quella che si realizza in materia di condominio e finalizzata alla gestione, godimento e manutenzione dei beni comuni. Per un’altra parte, considerare il consorzio di urbanizzazione come una sorta di “condominio”, sarebbe riduttivo, in relazione alla prospettiva, per i consorziati, di sviluppare, in un’ottica non imprenditoriale né lucrativa, le possibilità di godimento, di tutela e di valorizzazione dei beni comuni.

Questo scenario riflette, di fatto, la situazione di Costa Paradiso. Si tratta, perciò, di individuare una figura giuridica che contemperi le due esigenze e che presenti, accanto alle caratteristiche proprie della comunione di beni, gli aspetti di natura associativa, volti non solo alla conservazione, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione dei beni comuni, così da recepire nel modello organizzativo e nella disciplina regolamentare gli elementi base propri del condominio, che è una sottospecie della comunione, e gli elementi organizzativi e funzionali propri delle associazioni non riconosciute.

Fermo restando la necessità di far analizzare dettagliatamente questi aspetti da un team di esperti in materia, sulla base dei noti principi della prevalenza o della combinazione, ma anche della opportunità pratica, si può già delineare una prima ripartizione di massima: per la costituzione, l’organizzazione ed il funzionamento del consorzio, stante la causa associativa dello stesso, potrebbero trovare applicazione le norme previste in materia di associazioni non riconosciute, mentre per la costituzione, gestione e manutenzione dei beni comuni, la tenuta della contabilità, i criteri di riparto e la distribuzione delle spese in base alle tabelle millesimali, la riscossione delle quote e degli oneri condominiali, gli obblighi fiscali, le obbligazioni nei confronti dei condomini, le morosità, le obbligazioni nei confronti di terzi potrebbero essere applicate le norme dettate in materia di condominio.

In base a questa ripartizione, per l’impugnazione delle delibere assembleari, ad esempio, non dovrà essere rispettato il termine di decadenza di 30 giorni previsto in materia condominiale per l’impugnativa delle delibere, ma esse potranno essere in ogni caso censurabili dinnanzi all’autorità giudiziaria senza termini di decadenza (Tribunale di Milano 18.09.2000), così come previsto in materia di associazioni.

Per le spese relative al consorzio, secondo la Corte di Cassazione, in ottemperanza all’articolo 1101 del codice civile (in materia di comunione), esse si ripartiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.

Per ciò che concerne le maggioranze necessarie per l’approvazione delle delibere assembleari (quorum costitutivo e deliberativo), si dovrà fare riferimento alla disciplina dettata dall’articolo 1136 del codice civile (in materia condominiale) e non a quella prevista dall’articolo 21 codice civile in materia di associazioni non riconosciute (Cass. Civ. 3665/2001).

In materia di diritto di recesso del singolo consorziato, stante la natura propter rem, egli non potrà recedere dal contratto di consorzio, senza alienare la propria quota a favore di un terzo (Cass. Civ. 11218/1992).

Come si può facilmente arguire la scelta della qualificazione giuridica della Comunità di Costa Paradiso non si esaurisce nella scelta del nomen iuris e dell’applicazione della relativa disciplina, ma investe gli aspetti fondamentali della Comunità: la definizione degli interessi dei Partecipanti, che restano comunque quelli diretti alla tutela della proprietà esclusiva e dei beni comuni, che trova la sua sintesi nello scopo sociale e nell’accordo che lega i consorziati; l’organizzazione e gli organi di rappresentanza; i rapporti con il Comune; i diritti, gli obblighi e le relazioni tra i Partecipanti; l’uso e la destinazione dei beni comuni.

Affrontare questo tema significa, pertanto, affrontare la questione di una riforma della Comunità, che consenta di salvare e valorizzare il patrimonio comune e, conseguentemente, di tutelare al meglio anche la proprietà esclusiva.

di Ferdinando Mulas & Stefano Angeli

presidenza@atcp.it

stefano.angeli@atcp.it


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