Leggiamo, sul sito ufficiale del Comunità, un articolo, datato 18 aprile 2016, riferibile al presidente del C.d.A., dal titolo “Approfondimento sulla questione fognatura”. In verità, l’articolo, nonostante il titolo, non approfondisce un bel nulla sulla questione della fognatura, ma tende chiaramente a manipolare la realtà delle cose e a distribuire generici insulti ed accuse a chiunque metta in dubbio o avanzi delle critiche all’azione svolta dal C.d.A. su questo tema.
Pur affermando di volersi limitare a ripercorrere gli eventi 2015/2016, che hanno caratterizzato il progetto di ampliamento della fognatura, il presidente del C.d.A., da vecchio contrabbandiere della verità, cerca di manipolare quegli eventi, senza chiarire nulla e soprattutto senza dare alcuna risposta alle questioni ed alle domande che gli sono state poste nel mio articolo del 2 marzo u.s. “Chiarezza sul progetto della fognatura”, pubblicato sul sito web di ATCP.
In particolare, non c’è traccia di approfondimenti e tanto meno di spiegazioni in relazione alle questioni fondamentali poste nel suddetto articolo, vale a dire sul fatto che la Comunità del territorio di Costa Paradiso:
non aveva e non ha alcun obbligo convenzionale sia a proporre un progetto di ampliamento sia a curarne la realizzazione, in quanto questo compito spetta al Comune di Trinità, titolare dell’impianto;
non ha alcun titolo di legittimazione per la gestione dell’impianto, non avendo uno specifico atto di concessione dell’ATO, come previsto dalla normativa vigente in tema di servizio idrico integrato;
non era legittimata né a presentare il progetto alle autorità competenti per l’approvazione, a curarne gli adempimenti previsti dall’iter tecnico-amministrativo di approvazione, finalizzati ad ottenere dalla Regione Sardegna la valutazione di impatto ambientale, né a presentare alla Provincia domanda di autorizzazione allo scarico delle acque reflue;
ha promosso una procedura di validazione del progetto del tutto inutile, considerato che i risultati della verifica di conformità non sono stati fatti valere, in tempo utile, nelle sedi competenti per modificare il progetto.
In quanto gestore abusivo del servizio idrico integrato, la Comunità avrebbe dovuto limitarsi ad eseguire gli interventi di manutenzione necessari a garantire all’impianto di depurazione la sua piena funzionalità e la sua aderenza alla normativa in materia. Di conseguenza, il CdA non avrebbe potuto richiedere ai partecipanti di finanziare la realizzazione degli interventi necessari per l’esecuzione del 1° lotto del progetto di ampliamento.
Nessuno di questi argomenti è stato sfiorato dal presidente del C.d.A., quanto meno per confutarne la fondatezza. Egli, invece, ha cercato di giustificare la sua azione come necessaria, agitando lo spettro della chiusura del villaggio. Ha, inoltre, accusato ATCP di irresponsabilità per aver impugnato presso il TAR l’autorizzazione provvisoria allo scarico rilasciata dalla provincia e l’affidamento dei lavori per la realizzazione del 1° lotto del progetto di ampliamento, minacciando l’invio delle ingiunzioni di pagamento per le quote non pagate per tali lavori.
Il tempo dirà chi è ed è stato veramente irresponsabile: chi, come ATCP, ha proposto ricorso affinchè nel comprensorio di Costa Paradiso si stabilisca un regime di piena legittimità sia nella gestione dei servizi urbanistici sia nella gestione dei beni comuni; oppure chi, come l’attuale presidente, intende procrastinare una gestione privatistica dei servizi urbanistici di Costa Paradiso, non consentita dalla legge, ed una gestione approssimativa e fallimentare dei beni comuni, per i quali è stata costituita la Comunità.
Alla fine, il TAR della Sardegna si pronuncerà e contribuirà a risolvere il suddetto dilemma. Ma è evidente, fin d’ora, che, se il TAR dovesse avallare le tesi di ATCP, non vi sarebbe più alcuna giustificazione a sostegno dell’operato di questo C.d.A. e del C.d.R., suo complice, anziché controllore. In questo caso, ciò che rileverà e che sarà fatto valere nella competente sede giudiziaria non sarà l’asserito avventurismo del “gruppo di irresponsabili” che ha promosso i ricorsi, quanto la responsabilità civile specifica degli amministratori della Comunità, per aver posto essere una serie di atti privi di legittimità in danno degli interessi dei Partecipanti della Comunità.