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Ammanco di cassa: critiche e precisazioni


Come ci si attendeva, le reazioni alla pubblicazione della notizia sull’ammanco di 55.000 euro, verificatosi nella cassa della Comunità nel corso del 2014, ed alle nostre critiche sul sistema di gestione della Comunità di Costa Paradiso, sono state numerose. Nella stragrande maggioranza dei casi, esse esprimono un vasto consenso nei nostri confronti, unitamente alla preoccupazione per una situazione della Comunità, che giudicano caotica e ormai fuori controllo. Vogliamo però soffermarci sulle reazioni dei nostri amministratori e dei loro devoti fiancheggiatori in quanto indicative di un modo di pensare e di agire che giudichiamo inaccettabile. Si tratta, infatti, di reazioni scomposte, alcune delle quali sconfinano nell’ingiuria e nella diffamazione (che troveranno risposta nella sede opportuna), che contengono però elementi in comune, pur nella diversità degli interventi. Ne citiamo alcuni:

  1. La strumentalità della notizia. L’aver dato la notizia viene considerata come iniziativa strumentale volta a far cadere l’attuale C.d.A. A sostegno di questa tesi ridicola, che non tiene in alcun conto il diritto dei Partecipanti di conoscere la destinazione e l’uso delle quote condominiali che essi pagano, si cita il fatto che la pubblicazione della notizia sul nostro sito è avvenuta a distanza di un giorno dalla pubblicazione sul blog di Pasquale Ferrara.

  2. Responsabilità dell’ammanco di cassa. In vari interventi viene ripetuto il concetto che la responsabilità è di chi ha commesso il fatto e non degli amministratori. Come conseguenza ci si chiede perché il C.d.A. dovrebbe essere oggetto di critiche o perché dovrebbe eventualmente dimettersi.

  3. Il ruolo di ATCP. La denuncia dei fatti espressa da ATCP, attraverso il suo Presidente e Francesco Pittalis, dimessisi dal C.d.A. nel corso del 2014, vengono recepiti come manovra destabilizzante ed un chiaro tentativo di abbattere, in sintonia con lo schieramento di opposizione di cui è portavoce Ferrara, il C.d.A. in carica.

Questi assunti sono infondati e strumentali e tendono a distrarre l’attenzione dal problema che noi abbiamo segnalato ai Partecipanti, e cioè l’incapacità di questo C.d.A. ad assicurare una gestione decente della Comunità. In ogni caso, crediamo necessario fare alcune doverose precisazioni sui punti, di cui sopra:

  1. L’esercizio del diritto di cronaca e di informazione. Secondo la singolare tesi sostenuta da Zorro, in veste di paladino del C.d.A., l’aver dato la notizia dell’ammanco rappresentava, di fatto, un attacco strumentale al C.d.A., finalizzato a provocarne la caduta. Sapevamo dell'ammanco, in via confidenziale, da qualche mese. Ma, senza alcuna prova, non potevamo pubblicare la notizia. L'abbiamo fatto quando siamo venuti in possesso del verbale del C.d.R., in piena autonomia, senza alcun accordo o sincronia col "Megafono", come invece si spinge ad affermare Zorro. Questi, da buon giornalista, non sa cosa sia l'esercizio del diritto di cronaca e di informazione negando ai Partecipanti il diritto di sapere che fine fanno le loro quote condominiali.

  2. I livelli di responsabilità. Per quanto riguarda l’ammanco di cassa, non vi è dubbio che, nel caso in questione sussistano differenti livelli di responsabilità: quella diretta e personale di chi ha materialmente sottratto i 55.000 € dalla cassa della Comunità; quella di chi, nel C.d.A., doveva vigilare e non lo ha fatto, come il tesoriere; quella di chi ha il dovere di prendere i provvedimenti del caso una volta assodati i fatti e di intraprendere ogni possibile iniziativa per il recupero della somma sottratta, come il presidente. Non abbiamo detto né scritto che l’autore della sottrazione sia stato qualcuno del C.d.A., ma non si può negare che nel caso in questione vi siano specifici profili di responsabilità del C.d.A. Quest’ultimo ha il compito ed il dovere di organizzare la gestione in modo che questi fatti non si verifichino o, se si verificano, intervenire tempestivamente per limitarne la gravità. L’entità dell’ammanco ed il suo carattere continuativo, almeno da febbraio a ottobre 2014, dimostrano che questa azione di controllo non è avvenuta; sicuramente non è avvenuta in modo tempestivo. Peraltro, episodi simili si erano già verificati in passato, come risulta dal Verbale della riunione del C.d.A. del 18 febbraio 2014. Questo fatto avrebbe dovuto mettere sull’avviso gli amministratori, che, per giustificare in bilancio un ammanco pregresso di 18.000 €, hanno fatto una generica denuncia ai Carabinieri, ben sapendo a chi esso fosse oggettivamente riferibile. La possibilità di esercitare un efficace controllo amministrativo-contabile non è stata certo agevolata dal fallimento del progetto per l’adozione di un nuovo software gestionale, che pure ha comportato una significativa spesa a carico del bilancio comunitario; fatto anche questo riportato nel citato verbale della riunione del 22 novembre u.s. del C.d.R.

  3. Il ruolo e l’azione di ATCP. Abbiamo una opinione del nostro ruolo diametralmente opposta a quella degli amministratori e dei loro fiancheggiatori. Siamo fermamente convinti che verremmo meno al nostro compito se non svolgessimo quello che è non solo un dovere, ma anche un diritto universalmente riconosciuto: il diritto di critica. Proprio per poter esercitare questo diritto liberamente, in modo efficace e nell’interesse dei Partecipanti di Costa Paradiso, i rappresentanti di ATCP presenti nel C.d.A. si sono dimessi dal C.d.A. in carica, essendo venuto meno di quel rapporto di fiducia che è un presupposto irrinunciabile per qualsiasi forma di collaborazione. I motivi di sfiducia traevano origine da una serie di disfunzioni del Consiglio, che si sono inevitabilmente tradotte in una incapacità ad operare correttamente. L’ammanco di cassa è in fondo solo la più grave, ma ce ne sono altre come il mancato aggiornamento del software, l’assenza di procedure di controllo delle casse e della contabilità in generale, la gestione inadeguata del personale degli uffici, l’assenza di collegialità nelle decisioni e nella gestione, errori clamorosi commessi nel passato recente, come quelli gravi del Bilancio Consuntivo Triennale, gli allacci abusivi alla rete fognaria. In un quadro così negativo, se non esercitassimo questa funzione di controllo e di critica diventeremmo complici.

In conclusione

ATCP, che pure ha contribuito in modo determinante all’elezione di questo Consiglio, ritiene che quanto sopra sia abbastanza per chiedere le dimissioni dell’intero C.d.A. L’ammanco di cassa non è soltanto la dimostrazione della negligenza del Tesoriere, ma rappresenta il segnale incontestabile della incapacità e delle inadempienze del C.d.A. in carica, che si riassumono nella:

  • mancata azione di controllo contabile da parte del Tesoriere, aggravata dal fatto che la sottrazione di risorse ha avuto carattere continuativo nel tempo e si era già verificata in passato.

  • mancata attivazione degli strumenti organizzativi e gestionali che avrebbero potuto facilitare l’azione di controllo: aggiornamento del software gestionale. procedure periodiche di verifica dell’andamento di cassa. Un aspetto aggravante è rappresentato dalle continue richieste da parte dell’opposizione di trasparenza nella registrazione dei flussi di cassa. Richieste che sono state sempre disattese.

Un efficace funzionamento dell’amministrazione avrebbe richiesto una collaborazione sinergica tra le varie componenti del Consiglio: Presidenza, Tesoriere, Responsabile del Personale. Questa sinergia evidentemente è mancata. I fatti e le considerazioni esposte sono aggravati da altre disfunzioni già affiorate in passato. Tutti ricordiamo le vicende legate all’approvazione del Bilancio Consuntivo Triennale: gli errori contabili nella prima versione del bilancio, la mancanza della relazione esplicativa, la necessità di due Assemblee per giungere alla sua approvazione con gli inevitabili aggravi di costo per la sua preparazione e per la partecipazione.

Queste considerazioni ci portano alla conclusione che le responsabilità a carico dell’attuale C.d.A. vanno, in realtà, al di là dell’episodio dell’ammanco di cassa, già di per sé molto grave, e che le cause vadano ricercate nella incapacità ed incompetenza del C.d.A. nel suo complesso. Riteniamo che da questa situazione derivi non solo un danno materiale per tutti i Partecipanti, ma anche una perdita di credibilità della Comunità nei confronti delle Istituzioni pubbliche. Ecco perché questo consiglio di amministrazione si deve dimettere immediatamente.

Il Consiglio Direttivo di ATCP


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