Gli ultimi articoli sulla qualificazione giuridica della Comunità e sul ruolo del Comune nel territorio di Costa Paradiso, pubblicati suquesto sito, a cura di Stefano Angeli (vedi i tre capitoli), hanno suscitato reazioni contrastanti, con plausi da una parte e insolenze gratuite dall’altra. E’ bene fare chiarezza su questi temi così importanti per sgombrare il campo da interpretazioni di comodo o strumentali ovvero da letture sbagliate.
La posizione di ATCP nei confronti del Comune di Trinità d’Agultu è nota, essendosi manifestata con l’attivazione di iniziative giudiziarie (vedi ricorso al TAR) e con la pubblicazione di vari documenti. La sintesi di questa posizione è che il Comune, a Costa Paradiso, deve avere il ruolo che la legge e le convenzioni di lottizzazione da esso sottoscritte gli assegnano per quanto riguarda le opere di urbanizzazione primaria ed i correlati servizi di urbanizzazione. (Per maggior dettaglio si veda l’articolo “Il ruolo del Comune nel Territorio di Costa Paradiso”).
In sostanza, la posizione di ATCP è orientata a determinare la transizione del territorio verso la legittimità amministrativa, da una parte, e verso una gestione semplice, economica ed efficiente, dall’altra. Perciò, ci sembrano eccessivi i plausi, così come sono immotivate e senza fondamento le critiche.
In ordine al primo obbiettivo, è opportuno ricordare che il piano di lottizzazione definito dal Comune per il territorio di Costa Paradiso si basa sul modello convenzionale stabilito dall’art. 28 della legge urbanistica del 1942, così come modificato dall’art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765. Questa norma, equiparando, sostanzialmente, il piano di lottizzazione al piano particolareggiato, ne ha prodotto la trasformazione in un vero e proprio strumento urbanistico; ne deriva che la convenzione di lottizzazione è l’espressione contrattuale del piano di lottizzazione definito dal Comune. Se questa è la cornice normativa, in cui si colloca la lottizzazione del territorio di Costa Paradiso, è evidente che il Comune non può disattendere il piano che esso stesso ha approvato, rinunciando al ruolo che la legge gli assegna; allo stesso tempo, la Comunità, per ragioni proprie, non può limitarlo od escluderne l’applicazione. Pertanto, senza il coinvolgimento diretto del Comune di Trinità non ci potrà essere alcun passaggio verso la completa legittimità di tutto il comprensorio, oggetto dell’intervento convenzionato di lottizzazione.
Di qui la necessità e l’urgenza di accertare e mettere un punto fermo sulla situazione giuridico-amministrativa della lottizzazione, verificando le volumetrie edificate e lo stato di consistenza delle infrastrutture di urbanizzazione. Un accertamento che non è stato mai chiesto e sollecitato dagli organi di gestione della Comunità (che hanno continuato e continuano a riconoscersi come aventi causa del lottizzante) e, finora, non voluto dal Comune, che, anche a convenzione scaduta, seguitava a rilasciare concessioni edilizie. Solo recentemente il Comune ha manifestato la sua voglia di intervenire, prima, diffidando la Comunità a dare esecuzione immediata al progetto di ampliamento dell’impianto fognario; poi, deliberando di sostituirsi alla Comunità nella esecuzione dell’ampliamento stesso, con spese a carico dei Partecipanti/proprietari.
C’è subito da dire che questo approccio, per quanto detto prima, è del tutto parziale, se non strumentale, perché riguarda solo la fognatura e trascura di prendere in considerazione le altre opere di urbanizzazione, ma soprattutto non è legittimo. E infatti ATCP sta per impugnare (cosa che invece avrebbe dovuto fare la Comunità a nome e nell’interesse di tutti) la delibera comunale del 21 gennaio 2015 perché adottata in danno degli interessi dei Partecipanti/proprietari; così come in precedenza aveva impugnato, presso il TAR della Sardegna, il diniego dello stesso Comune di prendere in carico le opere di urbanizzazione primaria. Pertanto, a fronte di ciò, appare opportuno ribadire che il Comune di Trinità d’Agultu ha l’obbligo di prendersi in carico:
La rete stradale, le aree per spazi pubblici attrezzati, i parcheggi pubblici;
La rete fognaria e l’impianto di depurazione;
L’acquedotto e la rete idrica;
La rete di distribuzione elettrica;
La rete di distribuzione telefonica,
e di assicurare i relativi servizi di gestione e di manutenzione (o di cederli agli enti preposti).
Quest’obbligo sussiste dal 1 agosto 1995, ma non è stato mai onorato, con la compiacenza o la complicità dei vari C.d.A. che da allora si sono succeduti nella gestione della Comunità.
Il geom. Mela, nel suo articolo pubblicato sul blog di Pasquale Ferrara dal titolo “Finalmente”, afferma che “Il rapporto di familiarità, allora creatosi, ha permesso che la gestione, seppure con una struttura giuridica precaria e scaduta nella sua funzione temporale, potesse proseguire in un clima di tacita condivisione dei partecipanti”.
Il geom. Mela mi permetterà di non poter condividere le sue affermazioni. La gestione delle opere e dei servizi di urbanizzazione da parte della Comunità, è continuata per altri venti anni, a carico (o in danno) dei Partecipanti/proprietari, soltanto perché ciò conveniva a qualcuno: sicuramente al Comune, graziosamente sgravato di oneri che avrebbero inciso sul bilancio comunale; sicuramente agli imprenditori edilizi, destinatari di concessioni edilizie svincolate dall’obbligo di realizzare le infrastrutture urbanistiche. Ma queste convenienze non sarebbero durate a lungo se non fossero state condivise ed appoggiate dai vari C.d.A., succedutisi in tale arco di tempo, che hanno fatto di tutto per mantenere in gestione alla Comunità le opere di urbanizzazione.
Dunque, alla base di tutto questo c’erano sostanzialmente delle convenienze e delle logiche di scambio di favori, che hanno trasformato Costa Paradiso in una lottizzazione senza tempo e senza regole. Il che viene riconosciuto dallo stesso geom. Mela, quando afferma: “Tutti sapevamo che, da un certo momento in avanti, avremmo dovuto prendere atto che esistono delle regole e delle norme alle quali ci saremmo dovuti adeguare; un altro clima, anche in presenza delle lacune esistenti, avrebbe potuto consentire la continuazione dell’attività di gestione in essere”.
In realtà, non è tanto quel clima ad essere cambiato, quanto il fatto che il castello senza fondamenta su cui si è retta Costa Paradiso non tiene più. E non poteva essere altrimenti considerate le gravi problematiche che condizionano pesantemente il comprensorio sotto tutti gli aspetti: una denominazione del tutto fuorviante ed inappropriata: “la Comunità”, gravata di compiti che non rientrano nella sua sfera (privata) di competenza, perché la legge li attribuisce al Comune o ad altro ente incaricato di pubblico servizio (come Abbanoa); una qualificazione giuridica (consorzio atipico, associazione non riconosciuta..) che non trova rispondenza nella realtà di Costa Paradiso e che qualcuno ha definito giustamente una finzione giuridica, priva com’è dell’atto costitutivo e di uno scopo sociale di tipo associativo; un regolamento ereditato, per non dire imposto, dal lottizzante (quindi antecedente alla nascita della Comunità), non condiviso e votato dai Partecipanti/proprietari e ormai datato; un sistema organizzativo e di rappresentanzainidoneo a garantire efficacemente il governo e la gestione del territorio; un sistema di gestione amministrativa antiquato e inefficiente, contraddistinto da ammanchi di cassa, bocciature di bilancio, elevata morosità; un impianto fognario non conforme alla normativa vigente in materia e con allacci abusivi; un organo di gestione, che assume iniziative improprie con la pretesa di realizzare autonomamente un’opera pubblica, come l’ampliamento dell’impianto fognario e di depurazione, e di imporre la relativa spesa ai proprietari delle case; uno sviluppo edilizio dissennato, sempre meno rispettoso delle norme del PTL e dell’ambiente naturale. Questa è, oggi, la realtà di Costa Paradiso. Non lo ha voluto riconoscere – e questa è la sua più grossa responsabilità - il C.d.A. in carica, che, pur avendo avuto dai suoi elettori un preciso mandato a riformare la Comunità e ad affrontare problematiche ormai logore, ha difeso pervicacemente una visione di Costa Paradiso ed un modello di gestione, inadeguati e fuori legge.
Qual è, allora, il percorso da intraprendere per la soluzione delle problematiche infrastrutturali e identitarie di Costa Paradiso ? Qual è il nuovo scenario che si verrebbe a creare se il Comune (per sua determinazione o perché giudiziariamente costretto) cambiasse l’orientamento finora seguito e svolgesse il ruolo che gli compete ?
Quanto al primo quesito, è evidente che il primo passo del percorso per la rifondazione di Costa Paradiso è la convocazione urgente di un’assemblea straordinaria dei Partecipanti in chiave costituente, per eleggere un consiglio di amministrazione, che resti in carica per un tempo limitato, comunque non superiore ad un anno, col preciso mandato di elaborare le proposte, da sottoporre al successivo voto dell’assemblea, relativamente a :
Una nuova denominazione della Comunità;
Una qualificazione giuridica che rispecchi la realtà di C.P. ed assicuri un modello di organizzazione e di gestione il più rispondente alle esigenze dei Partecipanti;
Un atto costitutivo, che recepisca la nuova qualificazione giuridica, indichi lo scopo sociale, chiarisca i compiti, definisca gli organi di rappresentanza e di gestione del nuovo soggetto;
Un nuovo regolamento del territorio.
Il C.d.A. in carica è disponibile, prendendo atto delle difficoltà della situazione generale, di favorire questo passo ? Può dare una risposta non tanto ad ATCP quanto a tutti i Partecipanti ?
Quanto al secondo quesito, è altresì evidente che il primo passo è l’apertura di un tavolo di confronto col Comune per fare il punto della situazione ed accertare lo stato di consistenza delle opere di urbanizzazione, compreso l’attuale impianto fognario, allo scopo di una definitiva presa in carico delle stesse da parte del Comune. Il tavolo servirà anche ad esaminare il progetto per l’ampliamento dell’attuale impianto e valutare le criticità che lo caratterizzano sotto vari aspetti: quello tecnico, quello dell’impatto ambientale, quello della imputazione delle spese, al fine di trovare una soluzione che possa essere condivisa.
In definitiva, si tratta di due percorsi paralleli finalizzati a dare a Costa Paradiso un assetto definitivo come entità turistico-residenziale, che, da un lato, si autogestisce, in modo privatistico, con una propria organizzazione, con proprie regole e con propri organi per l’amministrazione dei beni o parti comuni del territorio, costituiti da 483 Ha destinati a polmone verde; dall’altro, vede il ruolo del Comune nella gestione/manutenzione delle infrastrutture di urbanizzazione e nei servizi urbanistici correlati. Il risultato finale di questo percorso sarà quello di:
Una Comunità (o quello che si chiamerà) più leggera ed economica, con meno compiti di quelli che ha svolto finora (e ovviamente con un volume di morosità nettamente più basso per il rapporto che si creerà tra il singolo Partecipante ed il fornitore dei vari servizi), ma che potrà concentrarsi sulla valorizzazione e la tutela dei beni comuni; in ogni caso, una Comunità più consapevole dei propri diritti e dei propri doveri;
Una Amministrazione comunale che svolga adeguatamente i suoi compiti e che sappia orientare e promuovere le opportunità di sviluppo economico e sociale di un comprensorio non più visto come un mero finanziatore delle proprie casse.
Sono questi, a nostro avviso, i due capisaldi su cui dovrà basarsi la Costa Paradiso del futuro. In questo scenario di piena legittimità, in cui ognuno è chiamato a svolgere il ruolo che gli spetta nella propria sfera di competenza, sono anche destinate a cadere le logiche di schieramento determinatesi negli ultimi anni fra i semplici proprietari (che hanno ritenuto di organizzarsi in una Unione dei Proprietari, cui in principio aveva aderito anche ATCP), fra imprenditori locali, fra sostenitori del Comune. Allo stesso modo, non trovano più spazio perché non hanno ragion d’essere le accuse, pretestuose e strumentali, formulate dai fiancheggiatori devoti dell’attuale C.d.A. nei confronti di ATCP, di volersi schierare dalla parte dei “palazzinari” e dei sostenitori del Comune.
Ferdinando Mulas
Presidente ATCP
presidenza@atcp.it